Corte Costituzionale: diritto dei nonni a vedere i nipoti è un diritto autonomo

Oggi in Aula alla Camera il Vice Ministro della Giustizia On. Costa ha risposto ad una mia interrogazione relativa alla censura di illegittimità costituzionale di una norma che consente ai nonni di chiedere al Tribunale dei minori di poter mantenere un rapporto significativo con i nipoti, disciplinato dall'art. 317-bis cod. civ..
Questo caso che ha provocato una stagnazione dei procedimenti degli ascendenti che si rivolgevano al Tribunale dei minori per ottenere una decisione che consentisse loro di mantenere rapporti significativi con i nipoti.
L'effetto principale della proposizione di questa censura d’illegittimità costituzionale è stato, infatti, quello di paralizzare le azioni a tutela dei nonni che intendevano vedere i propri nipoti quando gli stessi, a causa della pendenza di giudizi di separazione o divorzio ovvero di affidamento di minori, in coppie conflittuali, veniva di fatto impedito di relazionarsi con i propri nipoti, a causa delle diverse interpretazioni che venivano fornite dai diversi giudici nei tribunali italiani.
La mia interrogazione era anche rivolta a stimolare il Ministero della Giustizia ad adottare un’interpretazione autentica della norma contenuta nell’art. 317-bis cod. civ. in relazione all’art. 38 disp. att. cod. proc. civ., al fine di evitare che, medio tempore, in attesa della decisione della Corte Costituzionale si assistesse al blocco di questo tipo di procedimenti, lasciando il diritto dei nonni un diritto sostanzialmente svuotato di effettività.
L’intervento d’interpretazione autentica non è tuttavia intervenuto!
Ringrazio, quindi, la Corte Costituzionale che ha inteso risolvere celermente questa questione di possibile conflitto di competenze ovvero di contrasto tra giudicati, riconoscendo con la sentenza n. 194 del 24 settembre 2015 un autonomo diritto agli ascendenti di mantenere una relazione con i propri nipoti indipendentemente ed al di fuori di eventuali giudizi di separazione, divorzio o affidamento di minori che vedano contrapporsi i genitori.
Qui sotto il video del mio intervento di oggi.
Al di là di ciò il diritto di famiglia in Italia si scontra con innumerevoli ostacoli che spesso non rendono le decisioni dei tribunali in linea con ciò che vorrebbe invece essere il senso della legge in materia di affidamento dei minori:
- un diritto alla bi-genitorialità che viene troppo sbilanciato verso il genitore con affidamento prevalente;
- la mancanza di meccanismi sanzionatori che fungano da deterrenti nei casi di mancato rispetto del diritto di visita del minore da parte del genitore con affidamento prevalente;
- un sistema di assistenza sociale che troppo spesso allontana i minori dalle famiglie di origine, indirizzandoli in strutture residenziali, senza aiutare direttamente la famiglia.
Le riforme del diritto di famiglia degli ultimi anni sanciscono il diritto dei bambini a ricevere amore da entrambi i genitori, purtroppo assai di frequente, invece, il diritto dei minori non viene tutelato dalle decisioni giurisprudenziali che seppur in nome della bi-genitorialità, finiscono per svilire le possibilità di contatto con i minori da parte della figura paterna, figura quasi mai valorizzata all’interno dei procedimenti giudiziali di affido condiviso.
Il genitore che non abita prevalentemente con i figli, nel 90% dei casi, il padre, pur avendo un calendario di visite definito dal giudice della famiglia, viene facilmente escluso dalla vita dei figli: sia per l'opposizione capricciosa del coniuge affidatario con residenza prevalente dei figli che ostacola le visite dell'altro, sia perché nell'ordinamento non esistono strumenti funzionalmente efficaci a tutelare il diritto di visita.
Si auspica, pertanto, che il Ministero della Giustizia intervenga al fine di sensibilizzare i tribunali della Repubblica verso un vero ri-bilanciamento della bi-genitorialità attuando protocolli che prevedano una affidamento condiviso al 50%!
Si devono perciò garantire equità ed equilibrio dei diritti tra i padri e le madri, evitando l’abuso dell’affidamento agli istituti residenziali per minori, gli eccessi negli affidamenti, creando un sistema dell’affido condiviso “paritario” con mantenimento diretto dei minori e meccanismi di tutela dei diritti di visita efficaci nei confronti dei comportamenti arbitrari di molti genitori, nel caso non vi ottemperino.
Notiamo l’esempio di alcuni tribunali che hanno deciso autonomamente di attuare le raccomandazioni votate da qualche giorno dal Consiglio d’Europa le quali spingono gli stati membri verso previsioni legislative e prassi giuridiche che consentano ai minori tempi equipollenti da trascorrere con padre e madre.
Mi auguro che il Ministero della Giustizia prenda esempio dalla decisione di alcuni comuni che hanno creato un registro della bi-genitorialità, nel quale sono indicati i nominativi e le residenze di entrambi i genitori dei minori posti in affidamento congiunto, di modo da consentire la comunicazione paritaria con entrambi i genitori da parte delle istituzioni pubbliche, scolastiche e socio-sanitarie principalmente.
Ulteriore aspetto di criticità si riscontra nell’eccessivo ricorso all’affidamento dei minori presso strutture residenziali, cioè con un intervento che allontana il minore dalle famiglie di origine, spesso a seguito di una semplice segnalazione dei servizi sociali, che sembrano preferire delegare ad altri il problema senza assistere direttamente ed in prima persona i minori all’interno del nucleo familiare che presenta problematiche anche facilmente risolvibili.
Nell’anno 2010, in totale, in Italia, sono stati oltre 39mila i bambini tolti alle loro famiglie dai Tribunali dei Minori, per presunte violenze, per indigenza dei genitori, e per altre cause, di questi circa 30 mila minori, sono stati affidati a case d’affido e comunità protette.
Il numero, in sé già piuttosto elevato, diviene inquietante se si considera che in merito a questo tipo di affidamenti non è chiaro se vi siano e quali siano le forme di controllo prima, durante e dopo l’affidamento, si assiste alla totale assenza di dati statistici aggiornati sul numero dei minori allontanati dalle famiglie, tantomeno sono disponibili informazioni sulle condizioni logistiche, educative ed assistenziali nelle quali gli stessi minori si trovano a vivere all’interno delle cosiddette case-famiglia.
Auspichiamo, pertanto, che il Ministro della Giustizia voglia intervenire senza indugio per ripristinare il doveroso equilibrio tra gli interessi in gioco avendo in primis particolare attenzione all’interesse del minore di proseguire la propria crescita il più possibile a contatto con entrambi i genitori e rivolgendo di preferenza aiuti concreti direttamente alle famiglie senza giungere ad allontanare il minore dalla famiglia d'origine.
Qui il link per scaricare la sentenza n. 194/2015 della Corte Costituzionale